Con la Legge Fornero si può andare in pensione all’età di 61 anni. Ma a chi spetta questo grande privilegio? Vediamo.
La riforma Fornero, che faceva parte dell’iniziativa ‘Salva Italia’ dell’amministrazione Monti, ha segnato il definitivo passaggio dal sistema salariale al sistema contributivo, già in parte attuato dalla riforma Dini.
Il primo sistema è più favorevole per i lavoratori (ma più oneroso per il sistema), in quanto la pensione è calcolata in percentuale sull’ultimo stipendio.
Viceversa, nel sistema contributivo, le indennità pensionistiche aumentano con l’ammontare dei contributi versati durante gli anni di lavoro.
La riforma Fornero mantiene i due requisiti pensionistici di età e anni di contributi versati. Per percepire la pensione di cui al primo requisito è necessario aver compiuto i 67 anni di età.
È inoltre necessario aver versato almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, per chi cerca di andare in pensione prima, gli anni minimi di contribuzione non sono più 40.
Invece, gli uomini devono aver versato contributi per 42 anni e 10 mesi, mentre le donne devono aver versato contributi per 41 anni e 10 mesi.
È importante notare che questa riforma non modifica questi criteri di qualificazione.
Comunemente, la riforma tende a sostenere una data di pensionamento successiva con incentivi progressivi fino all’età di 70 anni.
Coloro che vanno in pensione prima devono affrontare svantaggi per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche a partire dall’età di 62 anni ed è vietato smettere di lavorare se le loro indennità di previdenza sociale sono inferiori a 1,5 volte l’assegno sociale INPS, che è di circa 468 euro per pensioni che ammontano ad almeno 1404 euro.
Le intenzioni del Governo sulla Legge Fornero
Dopo l’incontro delle parti sociali del 30 maggio, il Governo si sta attrezzando per farsi carico del dossier di riforma delle pensioni.
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito che l’obiettivo sarà quello di rafforzare il sistema previdenziale, con particolare attenzione alle future prestazioni pensionistiche.
Questo per garantire che le generazioni future non debbano aspettare più a lungo per il pensionamento, che sta diventando un problema fin troppo comune.
La sfida che il Governo dovrà affrontare è l’aumento della spesa previdenziale che, nonostante le limitazioni introdotte sia con la legge 102 che con la legge 103, continua a crescere ogni anno a un tasso impressionante del 7%.
L’obiettivo iniziale della riforma sono i programmi di prepensionamento avviati con il sistema Quota 100.
Sebbene questo sistema abbia consentito a numerosi lavoratori di andare in pensione, ha anche comportato un aumento della spesa previdenziale.
Con l’introduzione delle Quote 102 e 103 è stata ridotta la soglia per il pensionamento anticipato che, a fine 2022, è scesa a 61,4 anni dai 61,6 anni dell’anno precedente.
La Corte dei conti ha documentato questo scenario nella sua relazione per il coordinamento della finanza pubblica.
Il rapporto ha evidenziato che l’età media dei dipendenti privati per iniziare i benefici di anzianità o qualsiasi altro piano di prepensionamento nel 2022 era di 61,2 anni, che rappresenta una leggera diminuzione rispetto ai 61,4 anni del 2021.
È fondamentale garantire che il sistema rimanga stabile e il l’esecutivo è irremovibile su questo. La proposta di riforma potrebbe apportare cambiamenti significativi.
Il Governo ha messo gli occhi su Quota 103
Governo e sindacati hanno programmato a giugno la ripresa delle trattative tecniche per lavorare alla risoluzione della vicenda della riforma pensionistica.
Inoltre, il governo recepirà le raccomandazioni dell’Osservatorio, istituito dal Ministero del Lavoro, sulla traiettoria della spesa previdenziale.
Durante la discussione iniziale, il focus sarà sull’anticipazione della politica pensionistica, in particolare Quota 103, che consente di andare in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi.
Questa misura cesserà di esistere il 31 dicembre e sono allo studio due soluzioni. La prima sarebbe quella di rinnovare la misura per altri 12 mesi, seppur con qualche lieve modifica.
In alternativa, potrebbe essere introdotta una nuova misura ponte, che verrebbe discussa durante questi incontri tecnici con tutte le parti interessate.
A causa della necessità di una misura tampone, è improbabile che la riforma delle pensioni venga attuata prima del 2024.
Ci sono due ulteriori forme di flessibilità a disposizione dei dipendenti quando escono dal posto di lavoro: l’Ape Sociale e l’Opzione Donna.
L’Opzione Donna ha visto i suoi requisiti diventare più severi quest’anno; tuttavia, l’obiettivo finale del governo è eliminare queste restrizioni e considerare solo l’età di un individuo e il numero di anni di contributi versati.
Al contrario, l’Ape Sociale è stata recentemente aggiornata e ora ammette i lavoratori che appartengono a una qualsiasi delle quattro categorie (badanti, coloro che hanno una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%, coloro che hanno terminato di percepire il sussidio come disoccupati involontari, e gli occupati in lavori pesanti) andare in pensione a 63 anni con 30 o 36 anni di contributi.