Ci sono 10 domande che non possono essere poste per legge durante i colloqui di lavoro. Vediamo quali sono.
Affrontare un colloquio di lavoro non è mai semplice, poiché si tratta di un momento molto delicato, non soltanto per un candidato ma anche per il selezionatore, il quale dovrà scegliere con molta oculatezza.
Ciò non vuol dire che il selezionatore abbia il diritto legale di poter spulciare nella vita privata del candidato per ricavare informazioni, perché si tratta di violazione della privacy e sul quale vige il divieto di discriminazione.
Entrando in questo ambito, ci sono 10 domande personali che non possono essere poste al candidato durante un colloquio di lavoro.
Per una parte di tali domanda, non esiste un divieto assoluto ma piuttosto la motivazione che spinge e richiedere le informazioni al candidato.
Conoscerle è fondamentale quanto per il selezionatore tanto per il candidato, in modo da evitare conseguenze spiacevoli e garantire che la procedura di selezione vada avanti senza impedimenti.
Nel pieno rispetto dei diritti di ciascun lavoratore, i divieti di discriminazioni si estendono a tutti i candidati, senza alcuna distinzione.
In questo articolo scopriremo quali sono queste 10 domande da non porre durante un colloquio di lavoro.
Premettiamo che il divieto si estende anche ai soggetti che non appartengono alla minoranza tutelata.
Famiglia e stato civile
La prima delle 10 domande vietate è quella che riguarda la famiglia e lo stato civile del candidato, in particolar modo alla presenza o meno di figli, se ha intenzione di farne oppure alle questioni che riguardano l’organizzazione del ménage familiare.
L’art. 27 del Codice Civile sulle pari opportunità vieta espressamente di porre domande quali stato (celibe, nubile o sposato/a) e se in famiglia ci sono figli.
Domande poste in merito a gravidanza, figli e stato civile non hanno alcuna giustificazione nell’ambito di un colloquio di lavoro, poiché non sono pertinenti per gli aspetti organizzativi ed economici.
Infatti, la legge italiana riconosce ai genitori lavoratori diversi diritti inviolabili e che non vanno adeguati ai meccanismi di tutela a favore dei datori di lavoro se i dipendenti si comportano in modo scorretto.
Per quanto riguarda la gravidanza, il datore di lavoro deve informare i candidati sulla presenza di eventuali rischi di salute connessi alla professione, in modo che ne prendano atto.
Identità di genere e orientamento sessuale
Un’altra domanda che non va mai posta in un colloquio di lavoro è quella inerente all’identità di genere e all’orientamento sessuale, perché non sono rilevanti ai fini lavorativi.
Quindi, domande del genere non sono mai ammesse in quanto potrebbero creare discriminazione di genere da parte del datore di lavoro.
Origini ed etnia
Il Decreto Legge numero 215/2023 assicura che ci sia parità di trattamento a prescindere dall’origine etnica di un lavoratore.
È vietato chiedere a un candidato le sue origini e la sua etnia durante un colloquio di lavoro, indipendentemente dalla motivazione, in quanto tale domanda è considerata irrilevante ai fini dell’occupazione.
Ad esempio, al candidato può essere posta la domanda sulle sue conoscenze linguistiche, ma mai sulla sua provenienza.
Religione
Un altro ambito che rientra nella sfera personale è quello religioso. Non ha rilevanza, quindi, chiedere il culto seguito a un candidato, soprattutto perché va a contrastare l’art. 8 dello Statuto dei lavoratori, il quale vieta assolutamente di porre tali domande, anche quelle inerenti alle opinioni sindacali o all’ideologia politica.
Il datore di lavoro, però, può chiedere al candidato se è disponibile in determinate date del calendario, tipo quelle inerenti alle festività religiose, ma non può chiedergli informazioni in merito alla sua fede.
Il datore di lavoro può comunque chiedere al candidato le sue disponibilità nel calendario annuale e in riferimento alle festività religiose, senza per questo necessitare di informazioni sulla sua fede.
Sindacati e partito politico
Come detto sopra, lo Statuto dei lavoratori impone al datore di lavoro di non porre domande inerenti alle adesioni sindacali e alle ideologie politiche.
Il divieto è allargato anche alle domande indirette, tipo opinioni sulle scelte da parte del Governo oppure su alcune leggi.
Disabilità
È vietato anche porre domande ai candidati inerenti a una eventuale disabilità, a meno che gli stessi non rientrano in una delle categorie protette. Talaltro, informazioni del genere di solito si trovano già elencate nel CV.
Caratteristiche fisiche, età e opinioni
Tra le altre domande vietate ci sono quelle che riguardano alcuni aspetti della vita personale di un candidato, che hanno nessuna pertinenza con l’attività lavorativa.
Ad esempio, la richiesta dell’età, ma anche su alcuni elementi fisici, come l’altezza e il peso, le opinioni filosofiche e altro.
Domande del genere si possono porre soltanto se hanno pertinenza con la mansione da svolgere. Per esempio, si potrebbe chiedere al candidato la taglia dei vestiti per fornirlo di divisa oppure il suo peso perché l’uso di alcuni macchinari richiede questo specifico parametro di sicurezza.
Salute psicologica e fisica
Il selezionatore/datore di lavoro non può assolutamente indagare sull’eventuale disabilità di un candidato, ma neanche porre domanda in merito alla sua salute psicologica e fisica.
Alla stregua della gravidanza, il selezionatore dovrà fornire informazioni ai candidati inerenti a eventuali contraddizioni mediche, chiedendo loro di porre la firma su un documento che attesti l’informazione fornita.
Precedente lavoro
Sono anche vietate le richieste di informazione sull’occupazione precedente, a meno che serva per valutare l’esperienza pregressa del candidato.
Non sono consentite nemmeno domande sulle motivazioni della cessazione del rapporto lavorativo o sul salario percepito.
Lavoro dei genitori
Ecco arrivati alla decima e ultima domanda da non porre a un colloquio di lavoro: l’occupazione o meno dei genitori del candidato.
È una domanda che, oltre a essere tutelata dal dgls n. 198/2006, non è utile ai fini della collaborazione lavorativa.
In che modo rispondere e comportarsi?
Se a un candidato viene posta una o più di queste domande vietata, deve semplicemente informare il selezionatore questo problema oppure può eludere la domanda posta rispondendo soltanto sull’attività lavorativa.
Ciò diventa molto utile se la domanda viene posta nel modo sbagliato, magari senza intenti particolari, tipo solo per familiarizzare.
Ad esempio, di fronte a una domanda su un possibile stato di gravidanza oppure sulle origini etniche, alla prima si può rispondere parlando di rischi professionali e alla seconda sulle competenze linguistiche.
Se il candidato si accorge che le domande sono poste con finalità discriminatorie, il candidato può chiamare un avvocato oppure rivolgersi alle associazioni dedicate.