In questo articolo andremo a vedere, facendo due conti, quanto si percepisce di pensione con 25 anni di contributi versati.
Porsi il problema dell’importo pensionistico che si percepirà in futuro non è soltanto semplice curiosità, ma anche una modalità per programmare nel miglior modo possibile la vita, evitando maggiormente di trovarsi impreparati quando si arriva alla naturale conclusione della carriera lavorativa.
Guardando alle regole pensionistiche in vigore attualmente, per andare in pensione avvalendosi di un importo dignitoso è necessario avere un lavoro stabile e, possibilmente, ben retribuito. Si parla però di un lasso temporale che abbraccia decenni.
L’attuale sistema pensionistico, per calcolare l’importo, si basa sul metodo contributivo puro per coloro che hanno contributi versati dal 1996 in poi.
Poi c’è il metodo contributivo misto, che viene applicato a coloro che posseggono contributi versati per del 1996, con la pensione che viene calcolata prendendo in considerazione il prima e il dopo.
In generale, si può affermare con assoluta certezza che il sistema retributivo è più favorevole di quello contributivo, poiché quest’ultimo ha regole rigide che vanno rispettate per l’accesso alla prestazione previdenziale.
Quanto si prende di pensione con 25 anni di contributi? Ecco la cifra
Con il sistema contributivo puro, l’accesso alla pensione di vecchiaia è garantito a chi ha compiuto 67 anni di età e ha versato 20 anni di contributi.
C’è però da considerare che l’importo dell’assegno minimo che riceve un pensionato dovrà essere almeno pari a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale, ossia di 754,90 euro mensili.
Se così non fosse, il lavoratore sarà costretto ad aspettare che raggiunga i 71 anni per poter andare in pensione, indipendentemente dall’assegno che percepirà.
Come calcolare l’importo pensionistico con 25 anni di contributi? Purtroppo, la normativa vigente offre ben poche possibilità.
Con soltanto 25 anni di contribuzione alle spalle, è impossibile l’accesso alla pensione anticipata ordinaria, che è di 41 anni di contributi per le donne e 42 per gli uomini.
Stesso dicasi per Quota 103 (41 anni di contribuzione e 62 anni), ma anche per altri scivoli, tipo Opzione Donna o Ape Sociale, che non consentono l’accesso a chi ha versato soltanto 25 anni di contributi.
C’è però la possibilità di accesso alla pensione di vecchiaia contributiva compiuto il 64° anno di età e con soltanto 20 anni di contributi versati.
In questo caso, però, l’assegno deve essere 2,8 quello sociale, ossia 1.409,16 euro mensili, sicuramente una cifra non di poco conto. A questo punto, l’unica strada percorribile è il trattamento di vecchiaia INPS.
Facciamo due conti
Per poter calcolare l’assegno di pensione con 25 anni di contribuzione, si può prendere in considerazione 10 anni versati prima del 1996, mentre i restanti 15 dopo questa data.
Le due quote vengono calcolate basandosi sul sistema retributivo (i primi 10 anni) e sul sistema contributivo (i restanti 15 anni) su, diciamo, una paga annua di 25.000 euro lordi.
Se sommiamo le due cifre ottenute, arriviamo a circa 12.480 euro mensili, i quali corrispondono a 980 euro lordi mensili, che sono 670 euro netti.
Se invece la stessa cifra la usiamo per calcolare i 25 anni di contributi versati soltanto dal 1996 in poi, le cose cambiano.
Siccome dobbiamo applicare il sistema contributivo puro, con 67 anni compiuti, alla fine emerge l’importo lordo di 11.800 euro annui, i quali corrispondono a 980 euro al mese lordi, ovvero 650 euro mensili netti.
Una cifra davvero esigua, se vengono considerati i 25.000 euro percepirti all’anno, ossia 1.900 euro lordi mensili, che equivalgono a 1.400 euro netti mensili.
Come abbiamo visto, il rapporto esistente tra il primo assegno di pensione e l’ultima paga ricevuta è enormemente sfavorevole per il lavoratore. Insomma, chi di dovere dovrà riflettere parecchio.