Ci sono delle brutte notizie da parte dell’INPS soprattutto per i giovani nati entro alcuni anni ben specifici.
Il sistema delle pensioni è precario, soprattutto è molto ambiguo quando si deve parlare di concretezza ed ufficialità. Ogni anno, le manovre cambiano o aggiungono o tolgono qualche tassello che ci fa preoccupare. Ma non solo. Non si hanno mai le idee chiare su quando si può andare in pensione, sui requisiti, sugli importi e così via. Ma cosa possiamo dire del futuro di giovani?
Brutte notizie dall’INPS
Abbiamo sempre parlato di pensioni, pensioni anticipate e modifiche delle varie manovre, ma poco si sente parlare di quello che riguarda il futuro dei giovani.
Chiaramente, per loro non si tratta di una condizione immediata, ma è necessario pensare anche a loro.
Quando parliamo dell’Italia come Paese vecchio è la verità in quanto ci sono sempre più persone anziane che non riescono ad andare in pensione e pochi giovani che riescono ad entrare nel mondo del lavoro.
Purtroppo però, la condizione lavorativa dei giovani è un altro aspetto che andrebbe rivisto perché sono sempre più sommersi di lavori discontinui, con paghe bassissime e poche garanzie a livello lavorativo.
Oltre a questo, la prospettiva di andare in pensione è molto lontana perché si pensa a 70 anni con importi che si avvicinano parecchio agli assegni sociali.
Al momento, questo è il futuro di giovani che hanno meno di 35 anni e a trarre questa conclusione è un’indagine del Consiglio Nazionale dei Giovani e di Eures. Addirittura, le stime Ocse parlano di un’età pensionabile di 71 anni, ma solo per quei giovani che nel 2020 avevano 22 anni e sono riusciti ad entrare nel mondo del lavoro. Parliamo comunque di un valore molto alto considerato che le stie del Gng sono ben più peggiori.
Le notizie negative per i giovani
Quanto detto fino ad ora spaventa alquanto poiché per i giovani non sembrano esserci delle buone notizie, anzi.
Infatti, si pensa che pur lavorando fino alla bellezza di 74 anni, la pensione non andrà a superare importi superiori ai 1099 euro, ovviamente al netto dell’IRPEF per tutti i lavoratori dipendenti.
Inoltre, ciò che contribuirà a stabilire la pensione molto bassa sicuramente sarà il sistema contributivo stesso, ma anche la condizione di lavoro dei giovani.
La presidente Maria Cristina Pisani ha affermato che i giovani under 25, nel 2021, hanno incassato in media 8824 euro, ossia solamente il 40% della retribuzione complessiva media.
Invece, i lavoratori che avevano un’età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno incassato una media di 17076 euro, ossia il 78% di tutta la retribuzione media.
Ma non solo. Uno degli scarti più significativi riguarda uomini e donne il cui divario si è ampliato nel tempo. Ovviamente, parliamo di medie e di stime, ma sempre nel 2021 almeno uno appartenente all’under 35 ha percepito una retribuzione annua inferiore ai 5 mila euro.
Questo significa che la quota di questa categoria è arrivata al 16.3% la cui retribuzione era compresa tra 5 mila e 9999 euro, contro al 12.3% osservato e stimato nel totale di tutti i lavoratori.
Cosa riserva il futuro per le giovani generazioni
Ma cosa significa quanto detto fino ad ora? La situazione dei giovani non è rosea per quanto riguarda il lavoro, figuriamoci per il sistema pensionistico. L’indagine, tuttavia, ci segnala un grande processo di polarizzazione in cui nel corso di questi ultimi cinque anni la percentuale di giovani con retribuzioni basse è aumentata a dismisura.
Si parla di cifre inferiori ai 5 mila euro, ma anche di giovani che hanno retribuzioni superiori ai 30 mila euro. Inoltre, parlando di contratti, ci sono sempre meno giovani che godono di contratti a tempo indeterminati. Dal 2011 al 2021 si è passato dal 70.3% al 60.1%. Invece, sono il 40% i giovani che hanno un contratto a tempo determinato o atipico.
Tutto questo si traduce in maniera molto semplice: per andare in pensione sarà necessario lavorare molto di più. Dobbiamo considerare anche il fatto che si spera che le prospettiva di vita aumenti leggermente in quanto 71 anni è una bella età.
Ad oggi quindi, l’80% dei nati nel 1945 sono riusciti ad andare in pensione al compimento dei 65 anni, mentre quelli nati nel 1980 solamente una bassissima percentuale riuscirà ad uscire dal mondo del lavoro con meno di 70 anni. Ciò vuol dire che la classe 1980 dovrà lavorare ben 5 anni di più alla generazione precedente.