L’esigenza di tutela del diritto al lavoro dipende da una serie di fattori come il ciclo economico e la carenza di posti di lavoro: ecco perchè non è un diritto vero e proprio
Nonostante la Costituzione abbia sancito con l’articolo 4 il diritto al lavoro, appare evidente che il lavoro in Italia non è un diritto. I centri per l’impiego ricevono ogni giorno migliaia di richieste da parte di cittadini disoccupati che cercano lavoro, senza poterle evadere per carenza di offerte.
Eppure il termine diritto ha un significato giuridico ben preciso. Va da sé che ad ogni diritto debba essere correlato un dovere. Ma nel nostro paese chi ha il dovere di garantire questo diritto? E quale sanzione è prevista per chi non esercita il dovere di dare lavoro?
In realtà nelle intenzioni dell’Assemblea Costituente, la previsione del diritto al lavoro dovrebbe configurarsi come il riconoscimento di una libertà. Questo vuol dire che nessuno può interferire con questa libertà impedendo a qualcuno di esercitarla. Qualunque cittadino che decide, di sua sponte, di esecitare liberamente una professione o di lavorare presso un’impresa, deve poterlo fare senza che nessuno possa vietarglielo.
Secondo la scienza economica, parlare di diritto al lavoro è in realtà una stortura se non un vero e proprio atto demagogico, anche perchè l’offerta di lavoro è sempre condizionata dal ciclo economico e quindi tale pretesa non può andare ad intaccare altri “diritti” che sono quelli di un salario equo e sicuro. Le aziende, per garantire dei salari ad un livello superiore, non possono garantire la piena occupazione. La richiesta enorme di posti di lavoro non può essere evasa dalle aziende che lavorano nel settore privato e non può di certo farsene carico neanche la pubblica amministrazione.
Soddisfare il diritto al lavoro con la sua conseguente richiesta immane di nuova occupazione, porterebbe le aziende al fallimento. Il lavoro, perciò, non può essere riconosciuto come vero e proprio diritto alla stregua di altri diritti riconosciuti e garantiti come il diritto all’istruzione e alla salute. Ecco perchè è improprio parlare di diritto al lavoro equiparandolo ad altri diritti sociali quali l’istruzione e la salute.
I malati ai quali viene negato il diritto alle cure, possono pienamente esercitare il diritto alla salute attraverso le vie legali. Così come un genitore può adire le vie legali se il comune nega il posto nella scuola dell’obbligo al proprio figlio. Ma la legge non prevede la medesima tutela per un lavoratore che non viene assunto se le sue competenze non risultano idonee al lavoro offerto.
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. La corretta lettura di questo articolo della Costituzione, va letta perciò come un mero dovere delle istituzioni di offrire opportunità ed un’opportunità del singolo nel coglierle.Ma non comporta un rapporto tra diritto e dovere inteso nel senso letterale o giuridico.