La normativa riguardante la residenza fiscale subirà dei cambiamenti previsti dal governo Meloni al fine di allinearla agli accordi internazionali.
La riforma fiscale si occuperà, tra le altre cose, della residenza fiscale. Il governo meloni, infatti, si concentra su questo particolare aspetto, al fine di allinearlo agli accordi presenti sul piano internazionale. In questo modo, dunque, si tutelano i diritti stabiliti dall’Unione Europea, non che si predispone questo aspetto in base ai principi dell’ordinamento tributario internazionale.
Residenza fiscale, un aspetto centrale della nuova riforma
La residenza fiscale è un aspetto molto importante della vita di ogni cittadino europeo, in quanto determina quale sia, nei fatti, l’autorità fiscale e le imposizioni alle quali l’individuo deve sottoporsi.
La residenza fiscale, d’altronde, rappresenta un concetto molto importante, in quanto da essa dipende la tassazione dei redditi prodotti sul territorio nazionale.
C’è da dire, che, al momento, va a colpire solamente i redditi che sono prodotti all’interno del territorio italiano per quel che concerne i soggetti che non sono residenti nello stesso. Pertanto, è necessario arrivare ad una corretta determinazione la residenza fiscale al fine di tassare correttamente i redditi prodotti, mediante l’uniformazione con i principi delineati dall’Unione Europea.
Diverse le categorie interessate da tali cambiamenti: tra queste, possiamo annoverare persone fisiche, enti diversi dalle aziende ed imprese. E a giocare un ruolo importante, in tale contesto, è lo smart working che, nei fatti, non ridefinisce le regole, secondo quanto sottolineato dall’Agenzia delle Entrate.
Quali sono i requisiti per essere residenti fiscalmente in Italia
Un soggetto è fiscalmente residente in Italia, qualora viva nel Paese per la maggior parte dell’anno o per un periodo continuativo o frazionato, pari a 183 giorni nel corso dell’anno solare.
La residenza fiscale può essere stabilita anche in assenza di una presenza fisica. Ciò può verificarsi quando c’è un legame stabile con l’Italia.
Ad esempio, quando il soggetto è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente in uno specifico Comune o è residente in Italia dove è abitualmente domiciliato e dove ha interessi specifici.
Per essere considerato fiscalmente residente in Italia, è sufficiente che una persona soddisfi uno dei requisiti elencati in precedenza. Se, invece, il contribuente risulta residente in un altro Stato dell’Unione Europea, le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni forniscono le indicazioni necessarie per evitare ipotetici conflitti.
È possibile che la diffusione dello smart working abbia un impatto sulla questione della residenza fiscale?
La risposta alla domanda è stata fornita dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 25/E dell’agosto 2023, dove è stato specificato che non ci sono cambiamenti previsti nelle disposizioni in materia.
La circolare sottolinea che i criteri attualmente stabiliti dal TUIR (che si riferiscono a una connessione con il territorio italiano) rimangono invariati, anche quando il lavoratore esegue la propria attività attraverso il lavoro da remoto.