Pioggia di multe per le Partite IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate: ecco perché è stata presa questa decisione nei confronti di questi lavoratori.
Esistono lavoratori forfettari, che hanno optato per un regime fiscale agevolato con un’aliquota di tassazione estremamente bassa, calcolata in base ai ricavi e senza tenere conto delle spese sostenute. Di recente, l’Agenzia delle Entrate ha esortato i professionisti a regolarizzare la loro posizione al fine di evitare una sanzione per l’omissione di informazioni. Di seguito, la situazione che si è venuta sviluppare.
Multe per Partite IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate
L’Associazione dei Commercialisti ha reagito alla decisione dell’Agenzia delle Entrate di sanzionare le Partite IVA: una reazione decisa alla richiesta, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di adempiere ad un obbligo che la legge non prevede: “È inconcepibile”, questo il commento a caldo.
Di conseguenza, la stessa Agenzia ha sospeso la minaccia di sanzioni, pur sottolineando la propria richiesta di mettersi in regola, fissando una data utile per i forfettari, individuata al 30 novembre 2024.
In precedenza, come molti ricordano, l’Agenzia delle Entrate ha inviato delle raccomandate ad altrettante famiglie per la ritardata comunicazione da parte delle banche, riguardo o versamenti effettuati al Fisco dai loro clienti.
L’Adc ha riassunto una questione che riguarda ancora un gran numero di genovesi con partite IVA forfettarie. Si stima che a Genova siano circa 3.500 – 4 mila persone coinvolte, un numero che è cresciuto in modo esponenziale durante gli ultimi mesi, come in tutta Italia, grazie ai vantaggi fiscali offerti dal governo Meloni: si può usufruire, infatti, di una “flat tax” del 15% su ricavi fino a 85 mila euro, soglia incrementata rispetto ai 65 mila previsti in un primo momento.
Le lettere indirizzate ai professionisti
A partire da settembre, l’Agenzia delle Entrate ha inviato lettere di compliance ai vari professionisti in relazione alla mancata compilazione, nella dichiarazione dei redditi, del rigo RS che indica i costi sostenuti per l’attività.
Tra questi, ci sono le spese per i servizi telefonici, l’energia elettrica, i carburanti, i lubrificanti, per l’utilizzo di automezzi e così via.
Secondo Roberto Filippucci, commercialista del centro cittadino, non ha senso richiedere i costi poiché la tassazione si basa esclusivamente sui ricavi.
L’Adc, inoltre, sottolinea che la sanzione eventualmente elargita “sarebbe, in ogni caso, sproporzionata e incomprensibile, visto il contesto dell’adempimento richiesto, e inoltre in contrasto con la legge vigente“.
Secondo Federico Vesigna, responsabile regionale dei Caf Cgil, non si tratta solo di rettificare o comunicare un calcolo, ma di dover presentare documentazione di costi che spesso non esiste. La richiesta diventa particolarmente difficile da soddisfare per lavoratori autonomi con fatturati molto bassi (inferiori a 85 mila euro) e che non hanno conservato le fatture, secondo Vesigna.