Ci sono varie ipotesi che gravitano intorno a Opzione Donna, di cui una attualmente al vaglio del Governo. Vediamo in cosa consiste.
La questione pensioni sarà protagonista nella prossima Manovra Finanziaria. Per adesso, le discussioni si sono tutte incentrate su piccoli aggiustamenti delle misure già in essere.
Pare che Quota 103 vada incontro a una conferma. Ricordiamo che possono avvalersene soltanto chi ha compiuto 62 anni e ha versato 41 anni di contributi.
Poi c’è l’Ape Sociale a favore dei lavoratori disagiati, e a seguire Opzione Donna, per la quale si prospetta la possibilità di allargare la platea di beneficiari, dopo la precedente stretta dei criteri di accesso.
E le coperture finanziarie per sostenere la misura? Questo è proprio il nodo che dovrà essere sciolto dal Governo.
Opzione donna: incognita risorse
La scorsa Manovra Finanziaria aveva prorogato di un altro anno Opzione Donna, ma soltanto per pochissimi lavoratrici in quanto mancavano le coperture necessarie per allargarla.
I partiti d’opposizione e i sindacati stanno spingendo per ripristinare i requisiti che erano in vigore lo scorso anno (58 e 59 anni, 35 anni di contributi). Purtroppo, visti i costi elevati per sostenerla, questa ipotesi è tra le più improbabili.
Quindi, ecco venire fuori l’ipotesi di allargare la platea delle beneficiarie, partendo dall’eliminazione del requisito dei figli, il quale consentirebbe di lasciare il lavoro dopo aver versato 35 anni di contributi e aver compiuto più di 60 anni.
Una soluzione papabile è l’innalzamento del limite di età, portandolo a 63 anni. Ma sono soltanto ipotesi, per ora.
Altra opzione di cui si è discusso nei mesi scorsi è una possibile estensione dell’Ape Sociale, che consentirebbe di inglobare una parte delle “esodate” dell’Opzione Donna. Pare, però, che tale ipotesi sia stata già scartata.
Opzione donna allo stato attuale
Guardando alla normativa attualmente in vigore, con Opzione Donna possono andare in pensione soltanto le lavoratrici del settore privato e pubblico che, alla data del 31 dicembre 2022, abbiano maturato 35 anni di contributi e abbiano compiuto 60 anni.
In precedenza, l’età per usufruire di questa opzione erano rispettivamente 58 anni per chi lavorava nel settore pubblico e 59 anni per chi lavorava nel settore privato.
Un’altra riduzione è stata specificatamente prevista per chi è madre: 59 anni per le donne con un figlio e 58 anni per quelle con due o più figli.
Altro limite riguarda direttamente le categorie di lavoratrici, che sono scese a tre: una donna con invalidità al 74%, una caregiver, una donna licenziata oppure dipendente di un’azienda in crisi.
Il tavolo tecnico non ha dato frutti sperati
Il 5 settembre si è tenuto un incontro tra i sindacati (CISL, CGIL, UGL e UIL) con il Governo, in cui si è discusso di mansioni lavorative gravose e della pensione per le donne.
I sindacati, dopo la riunione, hanno fatto sapere che di passi avanti non ne sono stati fatti. “Il silenzio sulle pensioni da parte del Governo continua.
Anche al tavolo delle riunioni di oggi su donne e lavori gravosi, non ha dato alcuna indicazione sulle sue intenzioni. In quanto UIL abbiamo nuovamente chiesto di usare l’elenco dei lavori gravosi come strumento per consentire alle persone di andare in pensione a 62 anni circa.
Abbiamo nuovamente ribadito che è necessario il ripristino della versione originale di Opzione Donna, rendendola anche strutturale”. Questa è quanto c’è scritto nella nota da parte della UIL.