Ogni paese presenta un grande numero di cani e gatti randagi. Ma è del Comune la responsabilità di questi poveri animali lasciati al loro destino? Ecco cosa dice la Legge.
“Avere 7 vite come i gatti” oppure “Fare una vita da cani”. Sono questi due dei proverbi più celebri che hanno a che fare con il mondo degli animali. Forse la questione di avere 7 vite è legata a tutti i pericoli che un gatto può incontrare lungo la via. Fare la vita da cane, invece, si riallaccia a tutti quei poveri animali che vengono abbandonati giorno dopo giorno. Per fortuna non sempre va così, in quanto esistono anche molte persone chiamano i loro animali come fossero dei figli. Purtroppo la realtà è preoccupante, in quanto in Italia esiste quello che viene definito fenomeno del randagismo. Ma di chi è la responsabilità dei gatti e dei cani randagi? Ecco cosa dice la Legge.
Il randagismo in Italia è una vera e propria piaga, in quanto ogni giorno centinaia di animali, tra cui principalmente cani e gatti, vengono subissati dalla cattiveria umana. Il randagio è un animale domestico che, per un motivo o per l’altro, vive dal solo, spesso isolato dal branco ma anche dagli esseri umani.
Questo fenomeno colpisce gli animali che solitamente dovrebbero essere animali da compagnia. I randagi sono frutto dell’abbandono o più spesso della scarsa prevenzione per quanto riguarda le pratiche di sterilizzazione e castrazione.
Oltre ad essere deleterio per chi vive questa situazione, il randagismo comporta anche notevoli costi al sistema. I rifugi in Italia spendono più di 402.000 € al giorno per sovvenzionare questi animali che, altrimenti, morirebbero. Per non parlare poi di tutti i rischi che potrebbero verificarsi a seguito dell’incontro con un animale di questo tipo.
Essendo abituati a vivere da soli, gli animali randagi possono aggredire la persone, trasmettere alcune malattie pericolose, favorire gli incidenti stradali e aggredire altri animali. E’ quindi importante fare il possibile per tenere sotto controllo questo tipo di fenomeno.
Come detto nel paragrafo precedente, il fenomeno del randagismo ha raggiunto livelli piuttosto preoccupanti e pare che in alcune Regioni questi dati siano in continua crescita. Ad occuparsi di questa ricerca il Ministero della salute, il quale ha esaminato i diversi dati degli ultimi anni.
Dal 2020 in poi le Regioni più affette dal randagismo sarebbero quelle del Sud Italia, soprattutto la Calabria e la Sicilia. Non meno preoccupante ciò che succede in Campania, in Puglia e nella Regione Lazio, dove ogni giorno vengono abbandonati moltissimi animali.
Proprio per questo si è pensato di creare una rete di sostegno volta all’apertura di canili e colonie di felini che possano accogliere gli animali che, purtroppo, rimangono senza padrone. Se da una parte il fenomeno del randagismo è in costante aumento, dall’altra bisogna essere positivi in merito al numero crescente delle adozioni.
I cani e i gatti randagi sono stati definiti come gli animali di nessuno anche se, in realtà, la Legge è stata molto chiara sotto questo aspetto. Secondo quanto dichiarato dalla Costituzione italiana, i gatti e i cani randagi devono essere considerati come beni mobili e proprio per questo sono sotto la tutela del Comune di appartenenza.
Il sindaco è quindi responsabile dei gatti liberi e dei cani randagi. La materia di riferimento è contenuta nella Legge 281 del 1991, che però fornisce solamente indicazioni generali che poi le varie Regioni potranno riadattare in merito alle loro necessità.
È proprio questa Legge che ha stabilito come debbano essere aperte delle colonie e dei canili volti ad accogliere quegli animali che non hanno un supporto da parte dell’essere umano. Ancora una volta tutto questo è sotto la responsabilità del Comune o della Provincia. Per quanto riguarda il Piemonte, per esempio, esistono diverse regole che vanno a disciplinare la gestione dei gatti liberi delle colonie, ma anche dei rifugi previsti per i cani randagi.
Questi luoghi devono occuparsi dell’accoglienza degli animali, offrendo loro del cibo, un riparo e anche delle condizioni di vita da considerarsi dignitose. Ogni persona può poi operare in questi luoghi svolgendo del volontariato e quindi offrendo a tutti questi animali un approccio di tipo sociale e terapeutico.