Il tema pensioni è ricorrente ormai da tempo. Purtroppo, alcuni pensionati dovranno attendersi una beffa. Ma quali categorie esattamente?
Parlando di pensioni, quasi sempre i lavoratori cercano di porsi nella condizione migliore per ottenere la loro indipendenza sin dal primo ingresso nel mondo del lavoro.
Nonostante questo sbattersi, quasi subito si rendono conto che si sono limiti e vicissitudini quasi impossibili da evitare.
Durante il trascorrere degli anni, soprattutto negli ultimi, ci sono state tantissime forme integrative previdenziali, che vengono versate in autonomia ai lavoratori durante la loro carriere da parte dei vari istituti di credito.
Ma da dove arrivano questi inviti rivolti ai lavoratori di dare supporto al trattamento previdenziale che gli tocca di diritto con forme di integrazione?
Oltre che dai promotori finanziari che stanno dietro alla loro creazione, ci sono anche le istituzioni pubbliche che gestiscono i contributi trattenuti in busta paga di tutte le varie categorie di lavoratori.
A questo punto, le conclusioni di fronte a cui si arriva sono due: la prima è che la prestazione previdenziale INPS non basta per fungere da supporto al costo della vita attuale; la seconda fa capire che l’assegno previdenziale che si ottiene non è capace di rispecchiare lo sforzo profuso dal lavoratore per accumulare i contributi durante gli anni lavorativi.
Beffa per questi pensionati: cosa non arriverà?
Non c’è differenza in tal senso tra le figure professionali che percepiscono stipendi elevati e i lavoratori dipendenti con retribuzioni molto modeste.
Quando ci si affida a rendite di qualsiasi entità e tipologia, significa che è stato preso atto che in effetti l’attuale sistema previdenziale italiano non è capace di accontentare i cittadini lavoratori, i quali dovranno affrontare parecchie sfide quando andranno in pensione.
Pensare di eliminare gli ostacoli con le frequenti modifiche al sistema pensionistico appare quasi inutile.
Per chi non l’avesse capito, stiamo parlando dei piani che coinvolgono il pensionamento anticipato, i cui ritmi sono dettati dalla situazione demografica nazionale.
La riduzione drastica delle nascite in futuro causerà una notevole diminuzione di lavoratori. Se a questo assunto affianchiamo il fatto che l’attuale sistema contributivo si basa sulle trattenute in busta paga nei confronti dei lavoratori, le casse dell’INPS potrebbero avere un grosso problema.
Quindi, la domanda sorge spontanea: chi pagherà le pensioni future, soprattutto se la popolazione anziana continuerà ad aumentare?
Ma c’è altro che preoccupa: le difficoltà attuali del ricambio generazionale sui posti di lavoro. Se non dovesse avvenire in modo corposo, le conseguenze per le risorse finanziarie statali sarebbero disastrose.
Oltre a questo, dobbiamo anche preoccuparci della crisi economica attuale, che non si sa quando e se finirà. L’inflazione ha toccato livelli da record, ma per fortuna ultimamente è scesa.
Stando a questi due eventi nefasti, ci dovrebbe essere un aggiornamento generale degli importi pensionistici, che è già in ritardo da molto tempo.
Le rivalutazioni pensionistiche 2023 e quelle che verranno
Non si può dire che la Legge di Bilancio 2023 partorita dal Governo Meloni non abbia pensato a rivalutare i contributi, privilegiando soprattutto le pensioni.
Basandosi sul primo piano di adeguamento ISTAT, anticipato in parte durante gli ultimi 3 mesi del 2022, per i trattamenti previdenziali sono stati previsti indici di rivalutazione che si basano sui prezzi al consumo per le prestazioni previdenziali minime.
In effetti, i cedolini di questo mese di settembre hanno visto un massiccio afflusso di importi integrativi che nascono dal rialzo di due indici percentuali: il +1,5% per le pensioni minime percepite da pensionati di massimo 75 anni, e il +6,4% per gli Over 75.
Grazie a quest’ultimo indice, le pensioni minime sono salite quasi a 600 euro al mese. Sono anche arrivati i conguagli e gli arretrati INPS, i quali derivano da fattori inerenti all’ISEE e fattori anagrafici.
Sicuramente, l’intento del Governo Meloni di alzare l’importo delle pensioni minime fino a 1.000 euro nel 2024 potrebbe rimanere un sogno irrealizzabile.
Intanto, Opzione Donna e Ape Sociale sono state riconfermate, mentre la nuova rivalutazione ISTAT prevede uno striminzito rialzo dello 0,8%, ossia 4,50 euro in più.
Non è da escludersi una possibile rivalutazione aggiuntiva pari al 2,7%, che porterebbe le pensioni minime fino a 620 euro al mese.