Brutte notizie in arrivo per i pensionati. Dopo il posticipo della riforma diminuiranno anche gli assegni. I Sindacati si preparano ad attaccare il Governo.
Si prevedono giorni difficili per i pensionati, che potrebbero percepire assegni più bassi. Il Governo Meloni ha deciso di far slittare la riforma pensionistica a nuova data. Il motivo sarebbe imputabile alle insufficienti risorse finanziarie.
Sembrerebbe che la manovra previdenziale non rientri nelle priorità del Governo, attualmente impegnato sulla riforma del Fisco. La Quota 103, la misura che prevede il pensionamento a 62 anni con 41 anni di contributi, verrà probabilmente prorogata di 1 anno. La Quota 41, ovvero il pensionamento a 41 anni senza vincoli di età, slitterà invece, al 2025. Ma ora cosa accadrà di preciso? Scopriamolo insieme.
La stangata sulle pensioni: Governo in stallo
La rivalutazione delle pensioni minime che aveva caratterizzato i primi giorni di Luglio aveva fatto ben sperare. Ora, però, le prospettive sembrano tutt’altro che positive. Non sappiamo ancora se l’esecutivo accoglierà la proposta di estendere Quota 41 a tutti i lavoratori. Potrebbe anche optare per un’ulteriore proroga di Quota 103, o approvare Quota 96.
Quest’ultima soluzione potrebbe consentire a tutti coloro che svolgono lavori faticosi e usuranti di andare in pensione a 60/ 61 anni, con 35 anni di contributi versati. Anche per APE Sociale potrebbe essere prevista una proroga, mentre Opzione Donna potrebbe subire delle modifiche. La prima misura è un anticipo pensionistico a carico dello Stato erogato dall’INPS a determinate categorie di persone.
Si tratta di invalidi civili, caregiver e soggetti che svolgono attività gravose. Devono aver compiuto 63 anni di età e aver versato 30-36 anni di contributi. La seconda misura è destinata alle donne di 60 anni, appartenenti a specifiche categorie, con 35 ai di contributi.
Opzione Donna, però, potrebbe decadere o riconfermare i requisiti richiesti nel 2023: le risposte dovrebbero arrivare il prossimo autunno.
Solo allora si capirà se il Governo sarà in grado di stanziare le risorse per favorire la flessibilità in uscita. Ma non finisce qui, perché c’è un’altra brutta sorpresa: gli assegni pensionistici potrebbero essere ridotti a partire dall’anno prossimo. Per questo motivo i sindacati sono pronti a lottare contro la decisione del Governo.
Sorpresa sulla pensione: le percentuali rivalutative e il Tfr
A quanto pare il 2024 non sarà un anno positivo per i pensionati, anzi la situazione potrebbe addirittura peggiorare. La rivalutazione delle pensioni si è rivelata, infatti, molto più bassa di quanto previsto. con importi insufficienti per fronteggiare il carovita.
Le precedenti percentuali rivalutative erano 3, ovvero:
. fino a 3 volte il TM ( trattamento minimo): 100%;
. tra 3 e 5 volte il TM: 90%;
. oltre 5 volte il TM: 75%.
Il governo Meloni ha introdotto 6 percentuali di rivalutazione pensionistica, che però hanno penalizzato le pensioni di circa 2.500 euro. Ecco quali sono:
. fino a 4 volte il TM: 100%;
. fino a 5 volte il TM: 85%;
. fino a 6 volte il TM: 53%;
. fino a 8 volte il TM: 47%;
. fino 10 volte il TM: 37%;
. oltre 10 volte il TM: 32%
Le notizie spiacevoli riguardano anche il Tfr. La liquidazione del Tfr ai dipendenti statali non deve influire negativamente sulle casse dello Stato. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegale il pagamento rimandato del Tfr agli statali. Nonostante ciò, un lavoratore potrebbe attendere addirittura degli anni per ricevere le sue spettanze.
Per quanto riguarda i dipendenti statali, i tempi cambiano a seconda della causa di cessazione del lavoro, partendo da 12 mesi per arrivare a 24 in caso di dimissioni volontarie. Il Tfr può inoltre essere dilazionato a seconda dell’importo da corrispondere al lavoratore.
La proroga di Quota 103 e il ruolo dell’Europa
La riforma pensionistica è, dunque, rinviata a data da destinarsi, a causa delle scarse risorse finanziarie. Per il momento è tutto fermo: l’unica questione in ballo riguarda la proroga di Quota 103. Questa misura, introdotta dal Governo Draghi, prevede il pensionamento per chi ha versato 41 anni di contributi e ha compiuto 62 anni.
Questo a discapito di Quota 41 che, come accennato prima, verrà posticipata al 2025. Tale misura consentirebbe l’uscita anticipata dal lavoro ai dipendenti impiegati dall’età di 19 anni e a coloro che svolgono mansioni pesanti. Per portare a termine il progetto, però, occorrerebbero 9 miliardi di euro.
Secondo quanto riportato da Il Messaggero, la modifica delle pensioni in un momento come questo potrebbe non essere gradita dall’Europa. Questa sta programmando un nuovo Patto di Stabilità e tale misura comporterà l’inserimento di vincoli che interesseranno anche le spese pensionistiche.
Ora non rimane che trovare una soluzione che contrasti il ritorno della legge Fornero. A tal proposito, Pasquale Tridico, Presidente dell’Inps, aveva pensato a un doppio passaggio: pensionamento a 63 anni con un taglio del 3 %, per poi percepire la pensione intera a 67 anni. Non ci resta che attendere il prossimo autunno.