Andare in pensione a 62 anni con 37 anni di contributi? Chi potrà farlo? Ecco tutte le ultime novità in merito.
Le pensioni e la possibilità di una nuova riforma sono argomenti che creano una certa apprensione tra i pensionati presenti e futuri.
Attuarle non è mai una passeggiata, e di questo ne abbiamo avuto riprova con tutti i governi precedenti.
Nonostante tutte le discussioni e le proposte che circolano, lo scenario più probabile è che il 2024 inizi proprio come ogni altro anno, con il governo che ricorre a correzioni temporanee o proroga le misure attuali.
Pare che questa sia proprio la strada che prenderà anche l’attuale governo Meloni in vista della Legge di Bilancio e del suo pacchetto pensioni.
Abbiamo assistito in questo 2023 a un susseguirsi di decreti che hanno in qualche modo acceso un barlume di speranza per chi attualmente lavora.
Questi decreti, in effetti, aprono alla possibilità del pensionamento anticipato, tutto grazie ad alcuni strumenti particolari.
Chi ha avuto la fortuna di essere stato assunto a tempo indeterminato da un’azienda, si presenta per lui l’opportunità di andare in pensione in anticipo nel 2024, anche se ha 62 anni e soltanto 37 anni e 10 mesi di contributi versati.
Un nuovo provvedimento è stato prorogato fino al 2026, e consente ai dipendenti di determinate aziende di andare in pensione con cinque anni di anticipo rispetto ai requisiti obbligatori.
Ma quale aziende rientrano in questo provvedimento? Quelle in fase di ristrutturazione e che stanno attuando pratiche nel pieno rispetto dell’ambiente. In questo modo, hanno la possibilità di aiutare i propri dipendenti ad andare prima in pensione.
Come detto in precedenza, non tutti i lavoratori hanno questa possibilità, ma soltanto quelli a cui mancano cinque anni per la pensione di vecchiaia.
Le aziende interessate devono aderire al contratto di espansione, introdotto inizialmente dall’art. 41 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e adesso riconfermato dalla Legge di Bilancio 2023.
Ma prima che possa farlo, deve trovare un accordo con i sindacati. Questo accordo deve garantire non solo le opzioni di prepensionamento, ma anche l’introduzione di nuove assunzioni o la riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti attuali.
Una volta firmato questo contratto, chi lavora nell’azienda che l’ha sottoscritta e gli mancano cinque anni per la pensione di vecchiaia, allora può chiedere il pensionamento anticipato.
A quanto ammonterebbe la pensione in questo caso? Verrà calcolata in base all’importo della stessa che è maturato fino alla data di attivazione del contratto. A erogarlo sarà l’INPS, ma a pagarlo è la stessa azienda.
Se il concetto espresso prima non è chiaro, cerchiamo di semplificarlo. Il lavoratore in attesa della pensione di vecchiaia tra cinque anni, e che ha versato 42 anni e 10 mesi di contributi, ha deciso di andare in pensione anticipatamente.
I cinque anni di importo che andrà a perdere saranno a lui pagati dalla stessa azienda che gli ha chiesto di andare in pensione prima.
Ma qual è il vantaggio per l’azienda in tutto questo? Assumere personale più giovane, attuando quel ricambio generazionale tanto caro al governo Meloni.
Certo, un dipendente che va in pensione prima non vuol dire in automatico una nuova assunzione, poiché il contratto afferma che devono essere in tre a farlo per assumere una nuova figura professionale.
L’azienda può anche appoggiarsi alla NASPI, a cui teoricamente hanno diritto questi lavoratori, per compensare il costo di tutto questo.
Giusto per fare un veloce riepilogo, il prossimo anno potranno andare in pensione i lavoratori che hanno compiuto 62 anni e che hanno versato 37 anni e 10 mesi di contributi, a patto che firmino il contratto di espansione.