Ricevere lo stipendio è un diritto. Ma quanto tempo ha a disposizione il titolare di un’azienda per provvedere a tale pagamento? Scopriamolo insieme.
Tutti i lavoratori devono rispettare delle regole, ma anche il datore di lavoro deve versare lo stipendio rispettando i vincoli legali. Ecco cosa sappiamo sull’argomento.
Lo stipendio, per alcuni definito anche salario, è il contributo economico che il datore di lavoro è tenuto a versare ai suoi dipendenti in cambio di una prestazione lavorativa. Nelle società antiche il pagamento si basava sulla legge del baratto o attraverso un pagamento che poteva avvenire con beni di diversa tipologia oltre che con il denaro.
Dovrebbe essere corrisposto ogni mese, anche se alcune particolari categorie di lavoratori potrebbero ricevere una sorta di sovvenzione alternativa qualora il contratto collettivo del lavoro prevedesse altro. La retribuzione mensile è il riconoscimento di tutto quel tempo e dello sforzo fisico e mentale che un lavoratore ha riservato il suo titolare.
Se un lavoratore è tenuto ad adempiere i suoi doveri sotto il profilo lavorativo, allo stesso modo anche il datore deve rispettare le tempistiche previste dalla legge per quanto riguarda il versamento del salario. Purtroppo però, questo non sempre si verifica, in quanto i datori di lavoro pensano di essere la parte forte del contratto e quindi si approfittano del bisogno dei dipendenti per portare acqua al loro mulino.
Molti datori di lavoro fanno i prepotenti quando gli si chiede il pagamento dello stipendio. In realtà questo è un comportamento a dir poco illecito, in quanto il lavoratore che svolge la sua prestazione deve essere pagato nei tempi prestabiliti dalla Legge e dal contratto di lavoro.
Un datore di lavoro che non adempie ai suoi doveri può incorrere in quelle che sono definite come sanzioni amministrative. Come se tutto questo non bastasse, possono subentrare delle more per le quali è tenuto a versare ulteriori interessi al lavoratore, oltre a tutti gli arretrati che non sono stati percepiti dallo stesso.
Ogni tipo di giustificazione può essere presa con le pinze, in quanto anche nei casi in cui vi sia un buon rapporto fra dipendente e datore di lavoro, gli obblighi sul filone lavorativo non dovrebbero intercedere in alcun modo su questo aspetto della vita. Non esiste quindi che un datore di lavoro pensi di contare sul livello di amicizia per giustificare il ritardo nei suoi pagamenti.
Qualora vi fossero problemi è doveroso comunicare eventuali cambiamenti al dipendente, il quale sarà libero di accettare o meno questa possibilità, senza la paura di cadere vittima di eventuali ritorsioni.
Esiste quindi un tempo ben definito per parlare di ritardo dello stipendio? Questo ragionamento è stato esplicato dall’avvocato Angelo Greco, che da sempre promuove video informativi sulla sua pagina di TikTok.
Qualora un lavoratore venisse pagato sempre in ritardo sarebbe doveroso chiedere aiuto al Contratto Collettivo Nazionale del lavoro. Se il ritardo si protrae per almeno due mesi i lavoratori possono impugnare la questione ricorrendo alle dimissioni per giusta causa. Non importa l’entità del ritardo, ma le condizioni violate dalla tempistica del pagamento per almeno 60 giorni. Se il contratto vede come termine di pagamento il 16 e il datore versasse lo stipendio il 25 del mese per almeno due volte, il ricorso diventa legittimo.
In questo caso, infatti, il ritardo viene considerato grave e quindi il lavoratore potrebbe ricevere delle tutele che in altro caso non dovrebbero essere nemmeno considerate. Se anche voi pensate di dover richiedere l’aiuto di un legale per far valere i vostri diritti, non tralasciate la possibilità di citare le dimissioni per giusta causa, a seguito del mancato pagamento dello stipendio secondo i termini previsti dalla Legge.