Cosa accade se, durante un tentativo di furto, un ladro si fa male in casa? Il proprietario è tenuto a risarcirlo? Vediamo cosa dice la legge italiana.
Uno dei nostri lettori ci pone la seguente domanda: “Quali sono le potenziali conseguenze se un ladro subisce lesioni durante il tentativo di effrazione? In particolare, il ladro dovrebbe avere diritto a un risarcimento?”.
Per rispondere, consideriamo una situazione ipotetica in cui un ladro tenta di entrare in un appartamento scalando una grondaia mal tenuta, che gli causa una grave caduta e conseguenti lesioni.
In tal caso, è nei diritti del ladro chiedere un risarcimento al proprietario dell’edificio per non aver messo in sicurezza la grondaia?
Questo esempio può essere applicato anche ad altri oggetti pericolosi che possono essere presenti all’interno dell’appartamento, come sostanze infiammabili o materiali esplosivi.
Inoltre, si pone la questione se, in una situazione come questa, qualora un soggetto, per proteggersi da un atto di violenza domestica, utilizzi un’arma da fuoco illegalmente detenuta, cioè senza possedere il necessario porto d’armi, potrebbe ugualmente rivendicare l’autodifesa?
O sarebbe ritenuto responsabili di qualsiasi danno fisico o addirittura della morte inflitta, proprio come qualsiasi altro criminale?
Non c’è dubbio che, quando un ladro entra illegalmente nell’abitazione di un’altra persona con l’intenzione di rubare, è colpevole del reato di furto.
In un tale scenario, l’atto di violazione di domicilio, sebbene commesso senza nessun dubbio, viene messo in ombra dal più grave reato di furto.
Il reato di furto comprende intrinsecamente l’atto di violazione e, di conseguenza, comporta sanzioni per entrambi i reati.
Le ripercussioni delle sue azioni lo porteranno ad affrontare l’intera portata della legge, poiché sarà ritenuto responsabile di questo crimine.
Accanto alla condanna penale, c’è anche la possibilità che sia tenuto a risarcire il proprietario dell’immobile per i danni causati.
In un’ottica diversa, possiamo sollevare la questione della responsabilità del proprietario di casa per quanto riguarda le lesioni subite dal ladro a seguito del furto.
A questo punto assume rilevanza il concetto di responsabilità civile: ai sensi dell’articolo 2051 del codice civile, i privati rispondono giuridicamente di qualsiasi danno cagionato a terzi dalle cose di cui sono titolari o possiedono.
Nel caso in cui una cameriera cade a causa di un pavimento irregolare o subisce un infortunio per colpa di un lampadario fissato in modo improprio, ha il diritto di chiedere un risarcimento al proprietario dell’immobile.
Tuttavia, questo stesso diritto si estende a un ladro? Inizialmente, l’articolo 2051 del codice civile sembra supportare questa tesi.
Tuttavia, ad ulteriore esame, il legislatore inserisce nell’ultima parte della norma una disposizione che esonera il proprietario dell’immobile dalla responsabilità in caso di caso fortuito.
Questo si riferisce a un evento imprevisto, qualcosa di completamente estraneo al controllo del proprietario.
Come più volte ribadito dalla Cassazione, il verificarsi di un imprevisto è subordinato all’operato della parte lesa.
In questo caso particolare, è innegabile che il proprietario della casa possa ragionevolmente prevedere la possibilità che qualcuno scivoli su un tappeto e subisca un trauma cranico causato da un colpo violento alla testa.
Tuttavia, il proprietario non può prevedere l’arrivo dei ladri o i metodi che potrebbero utilizzare per entrare in casa, che potrebbero essere pericolosi.
Pertanto, nei casi in cui il proprietario dell’abitazione non abbia intenzionalmente posto in essere condotte volte a arrecare danno o addirittura la morte al ladro, con conseguente responsabilità penale, lo stesso non può essere ritenuto responsabile dei danni subiti dal ladro a causa della presenza di un oggetto pericoloso.
Questo perché la presenza del ladro è un evento che rientra nella categoria dell’imprevisto.
Nel mondo dei casi giudiziari, ce n’è uno che viene subito in mente. Coinvolge un uomo che, infastidito dalle frequenti rapine che avvengono nel suo negozio, ha posizionato piccoli ordigni esplosivi all’interno con l’intenzione di fare del male ai ladri.
Tragicamente, uno dei criminali perse la vita. L’uomo è stato processato e, alla fine, è stato dichiarato colpevole di omicidio colposo.
Questo caso particolare ha avuto una forte attenzione mediatica a causa dell’innegabile presenza di responsabilità.
Sebbene l’oggetto in questione possedesse un pericolo intrinseco, è altrettanto vero che il commerciante lo ha volutamente usato con un intento specifico, ossia con cattive intenzioni, per ferire i ladri. Il verificarsi del furto e della successiva morte non costituiva affatto un evento imprevedibile.
Il principio dell’autodifesa non regge in questa particolare situazione, poiché l’incolumità del negoziante non era a rischio.
Ciò è dovuto al fatto che si trovava all’esterno del negozio e vi aveva appositamente collocato l’esplosivo come deterrente contro i furti notturni.
Rivolgiamo ora la nostra attenzione al secondo quesito: è consentito al proprietario dell’abitazione l’utilizzo di un’arma da fuoco per autodifesa in assenza di regolare porto d’armi?
Anche in questo caso, è imperativo distinguere tra due diverse azioni. La prima azione verte sulla detenzione illecita di armi da fuoco e, al riguardo, un imputato sarebbe sicuramente condannato, in quanto la sua condotta costituisce inequivocabilmente un reato penale.
Tuttavia, l’imputato non può essere contestualmente condannato per aver arrecato danno o per aver tolto la vita all’intruso, dato che ha impugnato l’arma come mezzo per salvaguardarsi da una situazione di grave pericolo.
Conseguentemente, in presenza di giustificata legittima difesa, l’imputato è legittimato a difendersi con ogni mezzo necessario.