Ricco rimborso in arrivo per questi fortunati pensionati. Chi sono questi individui? Quanto riceveranno esattamente?
Carmelo Barbagallo, segretario generale Uil pensioni, ha affermato che “il nostro obiettivo è chiedere alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sull’invalidità costituzionale dello specifico articolo della Legge di Bilancio che ha comportato la riduzione della rivalutazione delle pensioni”.
“A tal fine, abbiamo identificato un gruppo di circa dieci persone in pensione, sia maschi che femmine, che sono tra i nostri membri e fungeranno da candidati principali in questi casi di prova”.
Barbagallo si riferiva allo specifico della manovra messa in atto dal governo Meloni, con cui è stata ridotta la rivalutazione delle pensioni per i titolari di un assegno superiore al quadruplo del trattamento minimo, circa 2.100 euro al mese lordi.
Per effetto di tale decisione, negli ultimi cinque anni, la rivalutazione è stata effettuata una sola volta, precisamente nel 2022, in ottemperanza all’originaria previsione contenuta nella legge n. 448 del 1998.
Tale legge prevede un aumento del 90% per la parte di pensione che supera di quattro volte il trattamento minimo ma è inferiore a cinque volte, e un aumento del 75% per la parte residua.
Il meccanismo proposto dal governo Meloni per il 2023, e applicabile anche nel 2024, non riesce a fornire i vantaggi auspicati.
Oltre al quadruplicamento della pensione, consente solo una percentuale di rivalutazione compresa tra l’85% e il 32%.
La Uil pensioni è ora pronta ad avviare un procedimento: con l’appoggio del sindacato, un collettivo di iscritti ha avviato l’iter di notifica all’INPS, sollecitando il pagamento di tutti gli importi rilevanti indebitamente trattenuti dal gennaio 2023.
Il procedimento inizierà con una formale richiesta all’INPS. Tuttavia, il sindacato intende anche intraprendere un’azione legale al fine di ottenere una sentenza favorevole dalla Corte costituzionale.
Ciò è dovuto alla reiterata posizione assunta dalla Corte, nel corso di diversi anni, secondo cui qualsiasi meccanismo di rivalutazione ritenuto eccessivamente punitivo non dovrebbe avere una durata prolungata.
Come prevedibile, il primo atto di diffida all’INPS segna l’avvio di un articolato iter finalizzato, in ultima analisi, all’ottenimento di una pronuncia della Corte Costituzionale.
Tale pronuncia attiene al nuovo meccanismo, delineato dalla Legge di Bilancio 2023 (articolo 1, comma 309), che disciplina l’adeguamento delle pensioni al costo della vita.
Con l’avvicinarsi del mese di settembre, i casi relativi a questa materia saranno trasmessi agli organi giudiziari competenti.
L’obiettivo finale è quello di avviare un procedimento giudiziario che costringa la Corte Costituzionale a riconoscere le fondate doglianze dei pensionati.
Ciò, a sua volta, imporrà all’INPS di adempiere all’obbligo di erogazione della quota residua dell’incremento non corrisposto.
L’omissione è imputabile all’attivazione di un meccanismo di rivalutazione rivisto e meno vantaggioso, che si discosta dall’assetto originario.
Ancora una volta, la questione dei tagli di rivalutazione deve essere portata all’esame della Corte Costituzionale. La Corte avrà il compito di valutare la ragionevolezza della riforma Meloni.
Come sottolineato dalla Uil pensioni, l’organizzazione promotrice di questa campagna, la proposta è ritenuta fortemente sfavorevole per le sue conseguenze a lungo termine, con conseguente erosione permanente del potere d’acquisto.
Inoltre, questa iniziativa è vista come l’ennesima di una serie di misure dannose nei confronti dei pensionati, che sono state costantemente attuate negli anni precedenti.
Si segnala che negli ultimi cinque anni la rivalutazione ordinaria è stata attuata una sola volta, precisamente nel 2022.
Spetterà in definitiva alla Corte stabilire se le argomentazioni dei sindacati meritino una sentenza favorevole.
Tuttavia, va notato che questo processo dovrebbe essere lungo. Quello che si può affermare è che una decisione favorevole comporterebbe un consistente aumento delle pensioni, in particolare per i soggetti i cui assegni superano di cinque volte la soglia minima (di poco superiore ai 2.600 euro).
In tali casi, la rivalutazione andrebbe dal 53% al 32% del tasso stabilito.
Uil Pensioni chiede il ripristino del trattamento originario e il pagamento integrale di tutti i fondi indebitamente trattenuti a partire da gennaio 2023.
Ciò comporterebbe l’erogazione di una somma consistente ai pensionati, fornendo loro un significativo impulso economico.