Il Governo italiano ha avanzato 3 proposte in merito alla possibilità di andare in pensione a 60 anni di età. Andiamo ad analizzarle.
Mentre l’arrivo della riforma delle pensioni potrebbe essere ritardato, nel frattempo stanno prendendo piede teorie alternative.
I dipendenti italiani chiedono una riforma del sistema pensionistico, sostenendo l’attuazione di formule adattabili e strutturali.
Il governo sta collaborando con i sindacati per definire la strategia del processo di attuazione, tenendo conto di vari fattori, in particolare la scarsità di risorse.
Dopo una lunga pausa, i lavori sono ripresi il 26 giugno. Mentre l’esecutivo si appresta a redigere la prossima Legge di Bilancio, diventa imperativo introdurre alcune revisioni nell’ambito delle pensioni per evitare il ripetersi della Legge Fornero. Finora, le proposte hanno ruotato attorno all’estensione di Quota 103 o Quota 41 per tutti gli individui.
Il mantenimento del programma APE Sociale appare molto probabile, anche se sono emerse incertezze sull’ampliamento di Opzione Donna.
Attualmente, ci sono discussioni su potenziali modifiche a questo particolare aspetto. Che forma potrebbero assumere queste alterazioni?
L’Opzione Donne scadrà il 31 dicembre 2023. In caso di proroga subirà ulteriori modifiche. È importante notare che la Legge di Bilancio 2023 ha imposto limitazioni ai criteri di ammissibilità.
La misura è disponibile esclusivamente per le persone che sono state licenziate o assunte da aziende in difficoltà finanziarie, badanti che hanno adempiuto a un minimo di sei mesi di responsabilità di assistenza e persone disabili con un grado di invalidità di almeno il 74%.
Possono accedere all’Opzione Donna tutte le donne occupate sia nel settore pubblico che in quello privato, nonché le lavoratrici autonome che hanno versato contributi fino al 31 dicembre 1995.
Sono comprese le lavoratrici iscritte all’Obbligo Generale Assicurazioni, in particolare il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) e i lavoratori autonomi che fanno parte di fondi di gestione speciale o di propri fondi esclusivi.
Non sono ammissibili le lavoratrici che hanno già optato per il regime contributivo e che hanno subito conseguenze significative.
Inoltre, le lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS, di cui all’art. 2, comma 26, sono esclusi anche coloro che sono beneficiari di iniziative rivolte agli “esodati” secondo le specifiche fornite dalla comunicazione INPS 219/2013.
L’età minima per l’ammissibilità è di 35 anni, mentre ci sono diversi requisiti di età per le donne in base al loro stato di genitore.
Le donne senza figli devono avere 60 anni, quelle con un figlio devono avere 59 anni e quelle con due figli devono avere 58 anni.
Una volta che le lavoratrici soddisfano i precedenti requisiti di età (58 anni per i dipendenti e 59 anni per i lavoratori autonomi), possono scegliere di andare in pensione entro il 31 dicembre 2022 per garantire il loro diritto.
Nell’anno 2024, cosa comporterà Opzione Donna? Un potenziale risultato è che rimarrà invariata rispetto alla sua forma attuale, con tutti i severi requisiti che hanno raccolto critiche significative.
Un’altra possibilità è una regressione agli standard precedenti, ma con gli aggiornamenti necessari per allinearsi alle esigenze del 2022. Esiste infine una terza opzione, che presenta un approccio completamente nuovo e innovativo.
Tutte le lavoratrici, indipendentemente dallo stato parentale o dall’inquadramento, potranno andare in pensione tra i 61 e i 63 anni, a condizione che abbiano accumulato 35 anni di contributi.
Come requisito anagrafico, quindi, sarebbe simile all’APE Sociale. Nessuna menzione all’attuale dovere per le donne che hanno scelto Opzione Donna l’accettazione del metodo di calcolo contributivo anche se rientrano nel metodo misto o retributivo.
Un metodo che danneggia l’importo della pensione (con una perdita tra il 10 e il 30% dell’importo). Rimarrà in vigore?