Stando alle ultime disposizione da parte dell’INPS, è possibile andare in pensione con 16 anni di contributi. Vediamo come.
La pensione è una possibilità anche se non hai contribuito al nostro ordinamento previdenziale per 20 anni interi, grazie alle sue politiche flessibili.
L’accessibilità delle soluzioni è limitata a pochi selezionati potenziali beneficiari. Ne è un esempio la possibilità di andare in pensione con soli 16 anni di contributi, realizzabile solo attraverso l’utilizzo di due specifiche misure.
Deroghe legge Amato per andare in pensione con 16 anni di contributi
Il sistema pensionistico contributivo di vecchiaia è una forma di prestazione pensionistica fornita dal governo in cui i lavoratori contribuiscono con una parte dei loro guadagni a un fondo che viene utilizzato per fornire assistenza finanziaria ai pensionati quando raggiungono una certa età.
Andare in pensione dopo 16 anni di contribuzione è senza dubbio un’impresa impegnativa, come presto scopriremo.
C’è però uno spiraglio di speranza per chi vuole accedere alla pensione nel 2023. Grazie alla legge Amato e alle sue esenzioni si può andare in pensione anticipata soltanto con 15 anni di contributi, a patto di aver compiuto i 67 anni.
Solo le persone che hanno versato contributi entro il 1992 possono beneficiare della possibilità concessa.
In sostanza, ciò richiede una storia lavorativa ininterrotta che inizia all’età di 21 anni nell’anno 1977 e termina il pagamento dei contributi nel 1992. È una rara opportunità disponibile solo per pochi.
Inoltre, possono usufruire della deroga Amato coloro che hanno ottenuto l’autorizzazione alla contribuzione volontaria prima del 1992 e coloro che hanno versato la prima contribuzione almeno 25 anni prima del pensionamento.
Inoltre, anche le persone che non hanno versato contributi adeguati per un periodo di 10 anni risultanti in meno di un anno di copertura (52 settimane) possono avvalersi di questa deroga.
Questa particolare disposizione consente di andare in pensione ad un lavoratore, di 67 anni, che ha iniziato a versare i contributi nel dicembre del 1995 e che aveva già versato i contributi per 15 anni fino al 2010.
Tuttavia, è stato in grado di risparmiare solo fondi sufficienti per coprire una parte di un anno, nonostante avesse accantonato altri 10 anni di risparmi.
La pensione contributiva di vecchiaia
Andare in pensione con 16 anni di contributi può portare anche alla pensione di vecchiaia contributiva come opzione alternativa.
Questa particolare misura è attuata per aiutare coloro che, compiuti i 67 anni, non hanno versato contributi sufficienti per accedere alle formule anticipate o alla pensione di vecchiaia.
Secondo il nostro attuale ordinamento giuridico, è consentito a un individuo continuare il proprio impiego fino all’età di 71 anni, a condizione che abbia versato contributi per un minimo di cinque anni, a partire dall’anno 1996.
Se un individuo ha versato contributi per un periodo inferiore a un anno prima del 1996, si negherebbe lui il diritto a una pensione contributiva.
Per coloro che hanno versato contributi in Gestione Separata è prevista un’opzione alternativa. Questa opzione prevede di accorpare in un’unica gestione, a titolo gratuito, tutti i contributi versati nelle altre gestioni di pubblica sicurezza.
Per essere ammessi al programma a Gestione Separata è necessario versare un minimo di 15 anni di contributi. Di questi 15 anni, almeno 5 anni devono essere accumulati dal 1° gennaio 1996 in poi.
Come abbiamo osservato, l’atto di andare in pensione dopo aver contribuito per 16 anni è un’impresa ardua.
Tuttavia, si pone la domanda: chi riesce a realizzare questa impresa e in che misura sono i suoi benefici pensionistici?
A quanto ammonta la pensione?
Per determinare la retribuzione complessiva di un dipendente che ha 71 anni di età e ha versato 16 anni di contribuzione dal 1996, pur percependo una retribuzione annua di 25.000 euro, è necessario individuare l’importo della contribuzione.
Tale importo contributivo è determinato sommando le quote di stipendio annue accumulate negli anni.
Un lavoratore assegna una parte del proprio reddito annuo a un “paniere” designato che servirà come base per la pensione imminente.
In questo caso, il 33% del reddito annuo lordo individuale di 25.000 euro equivale a 8.250 euro. Nel corso di 16 anni di contributi, l’importo del contributo risultante ammonta a 132.000 euro.
Dopo aver ottenuto un valore, utilizziamo il coefficiente di trasformazione, che si attesta al 6,655% per gli individui di 71 anni.
Moltiplicando il 6,655% per l’importo di 132.000 euro, si arriva alla somma di 8.785 euro, importo annuo lordo della pensione. Tale importo equivale a circa 676 euro lordi al mese o 380-400 euro netti al mese.
Diminuendo il reddito annuo a 23.000 euro al lordo delle tasse, la pensione annua lorda risultante sarebbe di 8.082 euro, che ammontano a 622 euro lordi al mese, ovvero 350 euro netti al mese.
Portando lo stipendio annuo a 28.000 euro lordi, la pensione annua lorda risultante sarebbe di circa 9.839 euro. Ciò si traduce in una pensione mensile lorda di circa 757 euro e una pensione mensile netta di circa 450 euro.