È lecito avvalersi dall’usucapione su un terreno pubblico comunale? A venirci in aiuto una recente sentenza della Cassazione.
Potresti avere familiarità con l’usucapione, un concetto legale che consente a un individuo di rivendicare la proprietà dei beni di un altro dopo vent’anni di uso continuo.
Tuttavia, è importante notare che questa istituzione non può essere applicata al suolo pubblico, con alcune notevoli eccezioni.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha dichiarato che i privati possono potenzialmente rivendicare l’usucapione dei terreni comunali, in determinate circostanze.
Per cominciare, esaminiamo il concetto di usucapione, compresi i tempi di costituzione e quando può essere utilizzato in relazione sia ai terreni che alle strutture pubbliche. Tuttavia, affrontiamo questo argomento con un approccio metodico e sequenziale.
L’usucapione si riferisce a uno strumento legale che consente alle persone di ottenere la proprietà della proprietà di un’altra persona mantenendone il possesso per un minimo di due decenni.
Il termine decorre dal momento in cui il possessore compie sul bene un’azione che solo il proprietario avrebbe avuto la possibilità di compiere.
Perché il processo sia valido, il proprietario dell’immobile non deve averne chiesto la restituzione in giudizio entro il termine di venti anni.
Perché si applichi il concetto giuridico di usucapione, è imperativo che l’acquisizione della proprietà altrui avvenga senza alcuna forzatura e non in segreto.
Per evitare la proprietà clandestina è sufficiente possedere e utilizzare la proprietà in modo pubblico e visibile.
Ciò significa che basta il solo possesso pubblico, insieme alla scadenza del termine utile per usucapione, per acquisire la proprietà per usucapione. La consapevolezza oi motivi dell’inerzia del titolare sono irrilevanti al riguardo.
La consapevolezza del proprietario in merito alla legittima proprietà della proprietà è irrilevante.
Per ottenere un bene tramite usucapione, la persona fisica deve dimostrare la propria intenzione di comportarsi come se fosse il legittimo proprietario del bene stesso.
Ciò include il possesso e l’utilizzo del bene in modo pieno ed esclusivo, noto anche come uti dominus.
Un esempio comune di questo comportamento è la ristrutturazione della risorsa senza chiedere il permesso.
Tuttavia, è importante notare che il semplice possesso della proprietà di qualcun altro non è sufficiente; ulteriori azioni devono essere intraprese per dimostrare questo intento.
L’applicazione di questo concetto ai terreni comunali solleva la questione di come possa essere dimostrato in uno scenario del genere.
Secondo la sentenza emessa dalla Cassazione il 19 giugno 2023, è possibile per un privato acquisire la proprietà di un lotto di terreno di proprietà del Comune mediante usucapione.
Tuttavia, ciò è applicabile solo se il Comune non dimostra che il terreno è specificamente destinato a verde pubblico. In particolare, questa decisione è stata presa nel contesto dell’ordine 17427.
Quando si parla di “effettiva destinazione a verde pubblico“, si intende un terreno che è stato ufficialmente destinato all’uso pubblico attraverso un atto amministrativo.
La mera disposizione urbanistica non è sufficiente se manca la documentazione amministrativa che designa il terreno come patrimonio indisponibile.
L’affermazione di cui sopra non è altro che la reiterazione di un principio che è stato già stabilito dalla Cassazione, anche a Sezioni Unite.
In una precedente sentenza del 2017, la Corte ha utilizzato identica frase: “la limitazione del verde pubblico non qualifica automaticamente l’area come risorsa indisponibile, salvo quando sia presente sia un atto amministrativo indicante la specifica volontà dell’ente di governo destinare il bene ad un servizio pubblico e uso corrente del bene per quel servizio pubblico”.
A titolo esemplificativo, si può esaminare la fattispecie valutata nella citata sentenza di Cassazione. In questo caso, una società di capitali ha presentato una domanda di usucapione di un bene comunale.
Tale immobile il Comune lo aveva acquistato con decreti ufficiali di esproprio e destinato successivamente a verde pubblico.
Tuttavia, non è stata presentata alcuna prova dell’uso pratico del terreno per il verde pubblico. La Cassazione, accogliendo la domanda, ha ribadito che un soggetto non ente pubblico può utilizzare un terreno comunale qualora l’amministrazione comunale non ne dimostri la concreta realizzazione a verde pubblico.
La mera previsione di uno strumento urbanistico non garantisce la messa in sicurezza del terreno dal rischio di usucapione, come da tale delibera.
L’ente locale deve dimostrare l’intenzione di destinare quello specifico immobile ad un pubblico servizio e l’immobile deve attualmente servire il pubblico servizio.
In termini più semplici, una dichiarazione amministrativa di destinazione del bene al pubblico interesse è insufficiente; l’autorità locale deve anche dimostrare un corrispondente comportamento effettivo in conformità con la dichiarazione.