Arrivano delle buone notizie dall’INPS che riguardano i pensionati nati fino al 1959. Vediamo esattamente di cosa si tratta.
Al giorno d’oggi, numerosi lavoratori affrontano sfide quando si tratta di pensionamento, principalmente a causa della Legge Fornero e della riforma pensionistica ampiamente discussa che ha notevolmente aumentato i criteri di ammissibilità.
L’argomento di discussione odierno ruota intorno a una nuova riforma volta ad allentare le restrizioni imposte dal Decreto Salva Italia del 2012 introdotto dal governo Monti.
Questo cambiamento riflette un periodo di transizione, che rende difficile per i lavoratori più anziani pianificare il proprio futuro. L’incertezza di poter andare in pensione è un problema crescente che deve essere affrontato.
Esistono alcune misure che sono rimaste costanti e continuano a consentire alle persone di andare in pensione, indipendentemente da eventuali riforme o modifiche.
Ad esempio, una pensione di vecchiaia è una forma affidabile di certezza, soprattutto per coloro che raggiungono l’età adeguata.
È importante notare che i requisiti per questa pensione sono immutabili almeno fino al 2026.
Buone notizie per i pensionati nati fino al 1959
Il sistema pensionistico è sostenuto da due misure primarie che i tecnici considerano il suo fondamento.
La prima di queste misure riguarda le pensioni di vecchiaia, che con la riforma Fornero sono state ridenominate pensioni anticipate.
Tale misura non è subordinata all’età del richiedente, bensì al raggiungimento dei requisiti contributivi di carriera (41,10 per le donne e 42,10 anni per gli uomini).
La seconda misura, invece, ha un limite sia personale che contributivo, prevedendo 20 anni di contributi e 67 anni di età.
Come accennato in precedenza, questo doppio requisito rimarrà immutato fino al 2026, senza alcun adeguamento in base alle aspettative di vita.
Pertanto, coloro che sono nati fino al 1959 possono aspettarsi una pensione sicura con 20 anni di contributi, mentre i nati nel 1959 andranno probabilmente in pensione nel 2026.
Tenere d’occhio la data di inizio carriera
L’affermazione che la pensione è sicura per alcuni individui trascura una componente cruciale del processo.
È fondamentale considerare la riforma Dini, che ha preceduto la riforma Fornero, insieme a quella guidata dal ministro del Lavoro durante il governo Monti.
La Legge Dini ha introdotto il sistema contributivo, che ha modificato la disciplina pensionistica per coloro che hanno iniziato il rapporto di lavoro dopo il 31 dicembre 1995, rispetto a coloro che hanno iniziato negli anni precedenti a questa data.
La riforma Fornero ha ampliato il divario tra questi due gruppi, rendendo quasi garantito che solo coloro che hanno iniziato la loro carriera lavorativa prima del 1996 possano beneficiare della pensione di vecchiaia senza soddisfare criteri aggiuntivi.
L’erogazione della pensione di vecchiaia per i soggetti ritenuti “puri contributivi”, cioè coloro che non hanno effettuato versamenti nel sistema salariale, non è garantita se non al raggiungimento di una specifica soglia.
Tale soglia prevede che l’importo della pensione sia uguale o maggiore a 2,8 volte l’assegno sociale.
A partire dal 2023, l’assegno sociale è di circa 503 euro, il che significa che la pensione deve essere un minimo di 1.484 euro lordi mensili.
Il mancato raggiungimento di tale soglia comporta che, anche con 20 anni di contributi e al raggiungimento dei 67 anni, la pensione non sarà sufficiente per chi rientra nella categoria dei contribuenti puri.