Coloro che in Italia sono nati tra il 1965 e il 1980 riceveranno una brutta sorpresa da parte dell’INPS. Cosa li aspetta?
Purtroppo, la tematica delle pensioni è una questione che affligge esclusivamente l’Italia. Rispetto ad altri paesi all’interno dell’Unione Europea, i lavoratori italiani affrontano un futuro significativamente più cupo alla stessa età.
Ad esempio, in Austria, gli uomini vanno in pensione a 65 anni, mentre le donne a 60. Questi sono solo alcuni dei tanti esempi.
L’età alla quale le persone possono andare in pensione in Bulgaria è compresa tra 60 e 63 anni, mentre nella Repubblica ceca la fascia è ridotta a 61 e 62 anni.
Vale la pena notare che pochi paesi hanno fissato l’età per ricevere pensioni di vecchiaia alla stregua dell’Italia, dove è fissata a 67 anni.
Secondo le informazioni presentate dal presidente dell’INPS Pasquale Tridico in Parlamento, le prospettive per le prestazioni pensionistiche della Generazione X appaiono fosche.
Il gruppo di individui nati tra il 1965 e il 1980 è stato costantemente il più colpito dalle inadeguatezze dei sistemi occupazionali e pensionistici.
I soggetti che hanno subito le ripercussioni della riforma del lavoro e del sistema previdenziale sono stati gli stessi lavoratori.
Sono loro a sopportare le conseguenze del Jobs Act, acquisendo un’intima comprensione di cosa significhi lavorare in condizioni precarie.
Al loro arrivo, un decennio dopo il pensionamento, cominciano a manifestarsi le dure conseguenze del sistema pensionistico contributivo, che colpiscono questa generazione di lavoratori in modo più grave rispetto a quelli che li hanno preceduti.
Meno contributi con più anni lavorativi
Gli individui nati negli anni che vanno dal 1965 al 1980 hanno affrontato una traiettoria di carriera impegnativa a causa di un sistema imperfetto.
Questo sistema ha portato i loro contributi ad essere ugualmente instabili, nonostante l’importanza degli stessi.
Un rapporto INPS ha rivelato che l’importo dei contributi è andato gradualmente diminuendo, il che avrà un impatto sull’importo della pensione che questi lavoratori riceveranno.
La diminuzione dei contributi versati non è l’unico problema che i lavoratori devono affrontare per quanto riguarda le loro pensioni.
Inoltre, ci sono calcoli sempre più severi per i trattamenti pensionistici. Ad esempio, un lavoratore (maschio o femmina) nato nel 1980 dovrà lavorare tre anni in più rispetto a chi è nato nel 1964.
Tuttavia, questo periodo di lavoro prolungato non aumenterà l’importo percepito al momento della pensione, in quanto la somma sarà comunque calcolata in modo simile.
Quando si tratta di dipendenti di sesso femminile, la situazione peggiora notevolmente. Ad esempio, una donna nata nel 1980 dovrà lavorare per circa sei anni in più rispetto a una nata nel 1964 per ottenere la stessa quantità di fondi pensione.
L’unica speranza è il salario minimo
Se le condizioni rimarranno invariate, le proiezioni INPS indicano un significativo arretramento delle pensioni dei nati tra il 1965 e il 1980.
Questa coorte di lavoratori, prima del 1996, ha contribuito per meno di 18 anni, e quindi non può che usufruire del calcolo misto per fini pensionistici fino al dicembre 1995.
L’INPS ha concluso il suo rapporto suggerendo l’implementazione di un salario minimo come potenziale soluzione alla complessa questione.
Ciò equivarrebbe ad almeno 9 euro l’ora, che, calcolati, consentirebbero a un lavoratore che ha versato 30 anni di contributi di andare in pensione al compimento di 65 anni.
Pur non essendo una cifra cospicua, i circa 750 euro percepiti ogni mese sono comunque superiori alla pensione minima stabilita dall’INPS di 515,58 euro mensili.